
LA TRILOGIA DEI POVERI CRISTI
RUMBA
L’Asino e il Bue del presepe di San Francesco nel parcheggio del supermercato
Dal 31 ottobre al 3 novembre 2024 – Teatro Vittoria
di e con Ascanio Celestini
musica Gianluca Casadei
voce Agata Celestini – immagini dipinte Franco Biagioni
suono Andrea Pesce – luci Filip Marocchi – organizzazione Sara Severoni
produzione Fabbrica srl, Fondazione Musica Per Roma, Comitato Greccio 2023, Teatro Carcano Milano
distribuzione Mismaonda
In scena c’è Ascanio Celestini che racconta e Gianluca Casadei che suona. Rumba è la terza parte di una trilogia composta anche da Laika (2015) e Pueblo (2017). I due personaggi sono gli stessi in tutti e tre gli spettacoli, vivono in un condominio di qualche periferia e si raccontano quello che gli succede. Nella povera gente del loro quartiere riconoscono facce e destini analoghi a quelli degli ultimi che Francesco ha incontrato otto secoli fa.
Giobbe, magazziniere analfabeta che ha organizzato il magazzino senza nemmeno una parola scritta. Joseph, che è partito dal suo paese in Africa, ha attraversato il deserto, è stato schiavo in Libia e poi naufrago nel mare. Forse si è salvato, ma in Italia è finito in carcere. Appena uscito è stato un facchino, ma adesso è un barbone. Lo zingaro, che ha cominciato a fumare a otto anni e sta ancora lì che fuma, accanto alla fontanella, davanti al bar.
«Ma perché Francesco ci affascina ancora dopo otto secoli? E dove lo troveremmo oggi? Tra i barboni che chiedono l’elemosina nel parcheggio di un supermercato? Tra i facchini africani che spostano pacchi in qualche grande magazzino della logistica?»
Ponendosi queste domande, nei panni del personaggio-narratore, Ascanio Celestini racconta il Francesco di oggi, che trova i propri personaggi in strada, tra le case popolari, tra coloro che, oggi come ieri, nessuno vede: «Guarda in basso, nel parcheggio davanti alla finestra della sua casa popolare. I personaggi sono tanti e condividono lo stesso asfalto, la stessa condizione umana».
LAIKA
5, 6 e 9 novembre 2024 – Teatro Vittoria
scritto e diretto da Ascanio Celestini
con Ascanio Celestini
alla fisarmonica Gianluca Casadei
voce fuoricampo di Alba Rohrwacher
produzione Fabbrica
distribuzione Mismaonda
Tornando dal bar il personaggio narratore (un ubriacone? un povero cristo qualunque?) racconta a Pietro, col quale divide un monolocale, i prodigi ai quali ha assistito. Nulla di inspiegabile, ma proprio per questo straordinari. I prodigi della solidarietà tra gli umili. Della vecchia che insegna alla prostituta che per il sapere e la cultura non serve il denaro, che i libri nelle biblioteche sono gratis e che anche i musei un giorno al mese aprono le porte anche ai barboni. Ed è proprio il barbone che in questa storia dorme nel parcheggio di un supermercato a cucire insieme tutte le storie. L’ultimo tra gli ultimi. L’unico che nemmeno parla. Ma anche quello che, sopravvissuto alla traversata del deserto e del mare è finito in quel mondo sotterraneo del lavoro che produce per tutti, ma che non è visibile a nessuno. Infatti Laika è soprattutto questo: un piazzale nel quale si incontrano la fatica e l’umiliazione del lavoro, la rabbia e la solidarietà di chi non ha nulla da perdere e per questo riesce ad alzare la testa.
Ascanio Celestini porta in scena, in maniera grottesca e ironica, un povero cristo che vive in un appartamento di qualche periferia. Dalla sua finestra si vede il parcheggio di un supermercato e il barbone che di giorno chiede l’elemosina e di notte dorme tra i cartoni. Con lui c’è Pietro che passa gran parte del tempo fuori di casa ad operare concretamente nel mondo: fa la spesa, compra pezzi di ricambio per riparare lo scaldabagno, si arrangia a fare piccoli lavori saltuari per guadagnare qualcosa. Se quel povero cristo fosse davvero Gesù non riuscirebbe a redimere l’umanità, ma potrebbe almeno guardarla per raccontarcela. E insieme raccontarci anche quale strada ha imboccato l’umanità e verso quale fine del mondo s’è messa in viaggio.
Laika è il primo spettacolo della trilogia dei Poveri Cristi, composta anche da Pueblo e Rumba.
PUEBLO
7, 8 e 10 novembre 2024 – Teatro Vittoria
di Ascanio Celestini
con Ascanio Celestini e Gianluca Casadei
suono Andrea Pesce
produzione Fabbrica
distribuzione Mismaonda
In questo secondo spettacolo della trilogia dei Poveri Cristi, Ascanio Celestini crea ancora una volta un ritratto dei margini della società e invita lo spettatore a identificarsi con i suoi protagonisti.
«Io mi chiamo Violetta. A me la cassa mi piace. Faccio la pipì prima di mettermi seduta come le bambine prima di mettersi in viaggio. Il papà e la mamma dicono “Violetta, hai fatto la pipì?” tu la fai e monti in macchina. Per cento chilometri non ti scappa. Sul seggiolino della mia cassa sono una regina in trono. I clienti depositano salami e formaggi, pasta olio burro e pizze surgelate, tranci di pesce africano e bistecche di montone americano, litri di alcol in confezioni di tutti i generi, vetro, plastica, tetrapak, alluminio. Io mi figuro che non sono i clienti, ma sudditi. Sudditi gentili che mi vengono a regalare le cose. Sudditi che dicono “Prego signora regina prenda questo baccalà congelato, questi biscotti per diabetici. Prego prenda questo vino nel tetrapak, sono tre litri, è prodotto da qualche parte in Francia o Cina. Prego…” E io dico “Grazie, grazie, grazie”. »
Di questi personaggi mi interessa l’umanità. Voglio raccontare come sono prima della violenza che li trasforma in oggetto di attenzione da parte della stampa, ma voglio raccontare anche il mondo magico che hanno nella testa. Il mondo che li rende belli e che, solo quello, può aiutarli a non farli scomparire.
I contadini lucani o friulani, i pastori sardi o abruzzesi, i braccianti pugliesi o siciliani e tutti gli altri poveracci del passato che lasciavano terra e famiglia abbandonavano un intero orizzonte culturale per cercare di integrarsi nell’effimero mondo del triangolo industriale. Entravano nella Storia da sconfitti, ma in cambio ricevevano il frigorifero, il riscaldamento e l’italiano semplificato imparato dalla televisione. Oggi i nuovi poveracci non avranno nemmeno questo in cambio della loro disfatta. E allora vale la pena che sia salvaguardata almeno la cultura che hanno nel cuore e la magia che nascondono nella testa. (Ascanio Celestini)