
Tra i piatti più rappresentativi del “quinto quarto” romano, la coda alla vaccinara è sinonimo di cucina popolare e di ingegno. Dalle osterie del Testaccio ai ristoranti stellati, questa ricetta racconta una Roma fatta di lavoro, di recupero e di convivialità, in cui anche i tagli meno pregiati dell’animale si trasformano in capolavori di gusto. Un piatto che profuma di casa, di pazienza e di storie tramandate tra generazioni di macellai e buongustai.
Ingredienti
- 1,5 kg di coda di bue
- 200 g di guanciale
- 1 cipolla, 1 carota, 1 costa di sedano
- 700 g di passata di pomodoro
- 1 bicchiere di vino rosso
- Pinoli, uvetta, cacao amaro (facoltativi)
- Olio evo, sale e pepe q.b.
Procedura
- Taglia la coda in pezzi tra le vertebre. Lavala e sbollentala per 5 minuti, poi scola.
- Prepara il soffritto con cipolla, carota, sedano (parte della dose va tenuta da parte per la fine), e guanciale tagliato a cubetti. Rosola in abbondante olio evo.
- Aggiungi la coda, falla rosolare su tutti i lati. Sfuma con vino rosso e lascia evaporare.
- Unisci la passata di pomodoro, regola di sale e pepe, copri con acqua o brodo e cuoci a fuoco bassissimo per almeno 3-4 ore, girando ogni tanto.
- A metà cottura, aggiungi eventuali pinoli, uvetta e cacao amaro, secondo tradizione.
- A fine cottura, la carne dovrà staccarsi facilmente dall’osso. Aggiungi il restante sedano a tocchetti e cuoci altri 10-15 minuti.
- Servi caldo con pane casareccio o polenta.
La Storia
La Coda alla Vaccinara nasce nei rioni popolari di Roma, in particolare a Testaccio, dove i vaccinari (macellai) ricevevano in pagamento parti meno nobili dell’animale, come la coda. Da “piatto povero” è diventato un must della cucina romana, grazie alla lenta cottura che trasforma la carne in una vera leccornia.
Curiosità
Nella ricetta tradizionale, la coda viene cotta per almeno quattro ore. Alcuni aggiungono pinoli, uvetta e persino un pizzico di cacao per un tocco agrodolce, a testimonianza delle influenze spagnole nella cucina capitolina.