NON CI FACCIAMO RICONOSCERE

Cosa significasse esattamente questa frase che i genitori degli anni ‘70, ‘80 e ‘90 ritenevano buona per tutte le circostanze nelle quali bisognasse richiamare i figli ad un comportamento comunque diverso, è rimasto un mistero!

Però questa frase risuona ancora nelle orecchie di tutti quelli che, come me, sono nati o cresciuti in quegli anni. Gli anni di piombo, gli anni della legge sul divorzio, sull’aborto, gli anni del sequestro Moro, ma anche del boom economico, dell’Italia campione del Mondo in Spagna. Gli anni della Panda 30 con il finestrino abbassato e l’autoradio che suonava i Depeche Mood, i Duran Duran, gli Spandau Ballet e “Boys” di una dirompente Sabrina Salerno che metteva d’accordo tutti.

Anni ai quali la mia generazione guarda sempre con nostalgia. Certo eravamo giovani e spensierati, ma siamo proprio sicuri che non farsi riconoscere sia stato un vantaggio o forse, in qualche circostanza, avremmo potuto alzare la voce e… farci riconoscere? Proviamo a rispondere insieme a questa domanda passando attraverso quello che siamo stati, per vedere come siamo diventati noi che le domande le facevamo ai cugini più grandi, allo zio più moderno e non avevamo né Alexa, né Google.

Come spieghiamo tutto ciò ai nostri figli ai quali non possiamo più raccontare che con “certe pratiche” si diventa ciechi?

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